dr.ssa Alessandra Delle Fratte
Psicologa & Psicoterapeuta Cognitivo Comportamentale
FAQ

 

Psicologo, Psicoterapeuta: che differenza c’è?

E’ importante chiarire le principali differenze tra la figura professionale dello psicologo e dello psicoterapeuta rispetto a quella di altri professionisti che svolgono attività diverse, pur avendo in comune un unico oggetto di studio: la mente umana.

Questa distinzione è molto importante visto che, il più delle volte, da una confusione sui termini nasce una confusa, ed inefficace, richiesta d’ aiuto.

Per la valutazione e la cura del comportamento psichico è consigliabile affidarsi a professionisti che, con serietà e affidabilità, si muovono entro i confini della scientificità del loro sapere.

Psicologo

Per esercitare la professione di psicologo è necessario avere una laurea in psicologia, aver effettuato un tirocinio pratico di un anno e superato l’esame di stato per ottenere l’abilitazione all’esercizio della professione e l’iscrizione all’Albo dell’Ordine degli Psicologi della regione di appartenenza, nell’apposita Sezione A. Può dirsi psicologo SOLO chi è iscritto all'ORDINE PROFESSIONALE; in caso contrario, si è di fronte a chi, davanti alla legge, commette il reato di "esercizio abusivo della professione".

Con le recenti normative universitarie è stata introdotta la figura del dottore in scienze psicologiche, titolo riferito a un iter di studi triennale che permette l'iscrizione alla Sezione B dell'Albo degli psicologi. Il dottore triennalista per le attività complesse si deve OBBLIGATORIAMENTE appoggiare ad uno Psicologo iscritto nella sezione A dell'Albo.

Secondo l’art. 1 della legge di ordinamento della professione di psicologo, la n. 56 del 1989, “la professione di psicologo comprende l’uso degli strumenti conoscitivi e di intervento per la prevenzione, la diagnosi, le attività di abilitazione-riabilitazione e di sostegno in ambito psicologico rivolte alla persona, al gruppo, agli organismi sociali e alle comunità. Comprende altresì le attività di sperimentazione, ricerca e didattica in tale ambito”.

Lo psicologo, dunque, non lavora esclusivamente in ambito clinico e il suo campo di impiego può spaziare in ampi settori: interventi nelle organizzazioni (di formazione, di selezione/valutazione, di coaching, di marketing e comunicazione etc.); interventi per la comunità (riabilitazione, promozione della salute e del benessere etc.); attività d’insegnamento delle discipline psicologiche(anche in ambito universitario); ricerca scientifica (ad esempio, in psicologia generale, in psicologia clinica, o in psicologia del lavoro e delle organizzazioni). Nell’attività propriamente clinica, la preparazione teorico-pratica dello psicologo consente di trattare i disagi interiori (ansie, depressione, problemi di coppia, relazionali, di inserimento sociale, …), fornendo un aiuto elettivo attraverso gli strumenti del colloquio e della psicodiagnostica, con somministrazione di test.

Non essendo un medico, uno psicologo non ha titolo per prescrivere medicine. Allo stesso modo, non essendo uno psicoterapeuta, tra le sue attività non figura la psicoterapia, intesa come cura delle diverse forme di malattia mentale.

 

Psicoterapeuta

E’ un professionista psicologo abilitato all’esercizio della professione che, dopo una formazione almeno quadriennale presso una Scuola di Specializzazione, universitaria o privata (e riconosciuta e autorizzata da un'apposita Commissione del MIUR), acquisisce il titolo di Specialista in Psicoterapia.

Anche un laureato in Medicina in Chirurgia (che abbia superato l’Esame di Stato in Medicina) può divenire psicoterapeuta con analogo iter formativo.

La formazione professionale di uno psicoterapeuta, acquisita attraverso anni di lezioni teorico-pratiche ed in riferimento ad uno specifico modello teorico e di intervento, consente allo specialista un lavoro più profondo sulla sofferenza individuale rispetto alla semplice consulenza psicologica, intervento di durata relativamente più breve. Ogni specifico modello di intervento permette allo psicoterapeuta di agire sui disagi della persona attraverso l'utilizzo di tecniche e tempistiche che variano a seconda della teoria di riferimento adottata dal professionista stesso. Anche lo psicologo psicoterapeuta non può prescrivere farmaci, attività che può svolgere, invece, il medico psicoterapeuta.

Per essere certi che lo psicologo (o il medico) a cui ci si rivolge sia anche psicoterapeuta, la strada più sicura è consultare il suo Ordine Professionale: deve esservi iscritto con entrambi i titoli.

 

Psichiatra

E' un professionista laureato in medicina chirurgia, e specializzato in psichiatria. Tale specializzazione lo autorizza all'esercizio della psicoterapia - anche se lo psichiatra non sempre svolge l’attività di psicoterapeuta.

Si occupa prevalentemente dei disturbi psichici medio gravi e marcatamente gravi. Al di là del modo di classificare le malattie o i disturbi mentali (una classificazione ampiamente usata è quella proposta dal DSM IV), egli si appoggia nel modo più rigoroso possibile ai dati provenienti dalla genetica, dalla fisiologia e dalla fisiopatologia per spiegare le condizioni psicopatologiche.

L'orientamento così simile all'approccio comunemente usato nelle altre branche della medicina è favorito dall'uso sistematico degli psicofarmaci quale modo elettivo di trattamento delle psicopatologie. Sebbene non sia scontato e inevitabile, è assai probabile ricevere dallo psichiatra una prescrizione farmacologica anche in relazione a disturbi medio lievi o addirittura squisitamente psicologici (ad es. disagi relazionali procuranti ansia, insonnia, qualsiasi tipo di stato depressivo, ecc.).

Accanto a specialisti che privilegiano l’uso dei farmaci si trovano  ad ogni modo psichiatri che affrontano le malattie associando ai farmaci un intervento anche psicologico (gestito da loro o da altri professionisti): uno scambio assiduo tra psichiatri e psicologi - già attuale ma da migliorare - favorisce una risposta offerta su basi comuni, con le giuste differenze e modi di intervento.

E' bene sapere che nelle reazioni psicopatologiche acute (dal tentato suicidio alla depressione grave, dal raptus omicida allo stato confusionale grave o nelle psicopatologie tanto gravi da rendere difficile o impossibile la relazione terapeutica) è spesso necessario il supporto e l'intervento psichiatrico, che tuttavia è sempre più integrato con il supporto psicologico (da parte dello psicologo e psicoterapeuta) o logistico assistenziale delle strutture adeguate (centri di igiene mentale, comunità terapeutiche).

 

Neurologo

Anche il neurologo è obbligatoriamente laureato in medicina e chirurgia e la sua, successiva, specializzazione è in neurologia.

Come medico può sostenere un corso quadriennale in psicoterapia ed ottenerne l'autorizzazione, altrimenti non è abilitato all'esercizio della psicoterapia.

Il neurologo si dedica a quelle disfunzioni dove è compromesso il funzionamento del sistema nervoso o in quelle situazioni di abnorme sviluppo neurologico o di evoluzione patologica. Le sue modalità di trattamento sono farmacologiche e chirurgiche (neurochirurgia). Per fare degli esempi: la demenza, l'epilessia, il morbo di Parkinson o la sclerosi multipla sono patologie che competono al neurologo.

Vi è l'abitudine, presso alcuni medici di famiglia, di ricorrere all'invio presso il neurologo quando si trovano in presenza di pazienti con disagio o problemi psichici che, per varie ragioni, non vogliono andare da quelli che considerano gli specialisti "dei pazzi" (psicoterapeuta, psichiatra considerati indifferenziatamente).

Essendo un professionista che interviene sul versante prettamente organico del sistema nervoso, correggendone i difetti o favorendo il ripristino funzionale, appare evidente come il neurologo sia la figura meno indicata per l'accoglienza e la comprensione di disagi psicologici e non possa - né sia autorizzato - ad emettere diagnosi psicologica.

Solo per particolari sintomi confine, in cui è difficile tracciare l'apporto psicologico dall'eventuale patologia organica, il neurologo è sicuramente essenziale per porre una diagnosi differenziale e contribuire alla messa in moto del corretto iter terapeutico (si pensi ad esempio ad alcune forme di vertigine, ad alcune anestesie periferiche, ecc.).

 

Quali tipi di interventi si possono richiedere allo Psicologo o allo Psicoterapeuta?

Premettendo che alla “domanda di psicologia” può rispondere esclusivamente il professionista Psicologo e che la psicoterapia essere esercitata SOLO da uno psicologo (o da un medico) abilitato  all’esercizio dell’attività psicoterapeutica, psicologo e/o psicoterapeuta, in nessun caso, offrono soluzioni né elargiscono consigli espliciti.

Piuttosto, entrambi lavorano su obiettivi concordati con il paziente al fine di permettergli di trovare autonomamente la via verso la risoluzione dei propri problemi, recuperando e potenziando il ventaglio di risorse personali di cui già dispone.

Dopo una prima fase di valutazione (assessment), di durata variabile, lo Specialista (psicologo e/o psicoterapeuta) individua il percorso migliore da intraprendere per affrontare le difficoltà presentate, sulla base della concettualizzazione e condivisione del problema riferito dalla persona.

I tipi di trattamento nei quali lo Specialista (Psicologo e/o Psicoterapeuta) può accompagnare la persona in un percorso di comprensione e risoluzione delle proprie difficoltà, sono distinguibili in:

- consulenza psicologica

- sostegno psicologico

- psicoterapia

 

Consulenza psicologica

La Consulenza rappresenta il primo approccio nella relazione di aiuto.
Può essere richiesta da Adulti, Coppie, Famiglie, Adolescenti.

E’ un servizio finalizzato alla comprensione della situazione problematica riferita dal cliente/utente (natura di ciò che affligge la persona, fattori causali e condizionanti il benessere). A partire da un’analisi di cosa impedisce o ritarda la risoluzione spontanea del problema si porta il cliente/utente all’individuazione delle risorse (interne/esterne) e delle strategie disponibili da mobilitare per il superamento della propria difficoltà.

È un intervento a breve termine – svolto in un numero limitato di incontri, definito in funzione della richiesta della persona – e indicato quando il problema presentato rimane circoscritto a un’area specifica di funzionamento (ad esempio: relazione di coppia, difficoltà scolastiche o sul lavoro).

 

Sostegno psicologico

Questo tipo di intervento psicologico è indicato per la persona che è temporaneamente turbata da qualche specifica problematica conseguente a una fase critica della vita (un lutto, una separazione, una frustrazione importante, etc.).
Può essere richiesto da Adulti, Coppie, Famiglie, Adolescenti.

Tra le finalità del sostegno psicologico abbiamo il favorire nel richiedente la riconquista dell'equilibrio emozionale oppure agevolare nuove modalità di percepire e di retroagire funzionalmente all’ambiente circostante.

È un intervento a breve termine – svolto in un numero limitato di incontri, definito in funzione della richiesta della persona. Il Sostegno Psicologico, quando è ausiliario di un intervento orientato più in profondità (psicoterapia), può contribuire ad agevolare il superamento di specifici sintomi e disagi (ad esempio: eccessive reazioni di ansia non particolarmente invalidanti).

 

Psicoterapia

Ad essa si giunge generalmente dopo i primi due tipi di intervento psicologico e, senz'altro, nei casi che necessitano un lavoro più profondo per risolvere il problema della persona.

Seppure con differenze di approccio in base anche all'interezza e alla specificità della personalità che richiede aiuto, la psicoterapia si focalizza sul potenziamento delle risorse personali e a individuare nuovi modi di gestire il rapporto con sé e con gli altri.

Può essere richiesta da Adulti, Coppie, Famiglie, Adolescenti.

E' indicata quando il disagio della persona – che si presenta come consolidato, pervasivo e fondato su modalità intrapsichiche e interpersonali disadattive – va ad interferire con le scelte preseti e con le prospettive future del richiedente. Soprattutto nei casi in cui disturbi e patologie presentano una gravità piuttosto marcata, la finalità d’intervento è la riduzione dei sintomi stabilizzati e di lunga data, verso la remissione di essi; come pure la correzione di condotte inadeguate per favorire lo sviluppo personale e l’adattamento funzionale alle necessità dell’ambiente di riferimento.

È un intervento a medio-lungo termine, con specificità (di setting, di frequenza, di metodologia) definite in funzione dello specifico modello di intervento del professionista – oltre che delle necessità della persona.

 

Da non dimenticare

Il medico di famiglia, il sacerdote, il counselor, il coach, il maestro di yoga, l'astrologo, il medium, il personal trainer - e altre figure che si occupano di individui a vario titolo - non hanno la competenza né l'autorizzazione a seguire con terapie psichiche le persone che ne hanno bisogno!

 

Quali sono le caratteristiche di un buon percorso terapeutico?

Ogni psicoterapia presenta una sua specificità e variabilità. Tale variabilità è sicuramente riconducibile a contingenze valutabili da caso a caso (ad es. se a richiedere l’intervento è una persona, una coppia o una famiglia il “tempo” e il “setting” di una seduta sarà definito diversamente). Ma anche la formazione psicoterapeutica maturata dallo specialista secondo uno specifico modello d’intervento (ad es. cognitivo-comportamentale piuttosto che psicoanalitico) ha delle implicazioni sulle caratteristiche di un percorso terapeutico, come la frequenza degli incontri (1 volta o più volte alla settimana) o la modalità di confronto Terapeuta-Utente (seduti su poltroncine uno di fronte all’altro; in circolo con più persone; distesi su un divanetto, con il terapeuta che ascolta alle spalle). Di seguito alcune precisazioni su caratteristiche di una terapia nei quali si rispecchia la mia pratica professionale.

 

Quanto può durare una terapia?

La durata del lavoro terapeutico dipende non solo dalla gravità della situazione, ma dal tipo di obiettivi che ci si prefigge. Richiedendo una consulenza, spesso ci si rivolge allo psicologo in qualità di esperto ponendo una precisa domanda tecnica (es. nel caso di una perizia), senza l’intenzione di svolgere un lavoro su di sé: tale lavoro può essere svolto anche in poche sedute. Diverso è il caso in cui, attraverso il sostegno psicologico o la psicoterapia, si affrontano in modo più approfondito le ragioni di un disagio, di una sofferenza: in tali casi i tempi di lavoro variano da pochi mesi ad alcuni anni.

Personalmente, pensando al lavoro in psicoterapia preferisco ragionare in termini di fasi, rinunciando a delineare “a priori” i confini temporali precisi del lavoro clinico. In una fase iniziale del percorso si può mirare alla riduzione della sintomatologia acuta; in una fase secondaria della terapia ci si può focalizzare sulla comprensione delle ragioni e delle premesse per cui si soffre; in una fase più matura della terapia, si può concordare come obiettivo la crescita personale ed il consolidamento di nuovi modelli di pensiero e azione, funzionali al benessere della persona ed alla prevenzione di eventuali ricadute.

 

Quanto dura una singola seduta ?

Ogni sessione di terapia può durare tra i 45 e i 50 minuti compresi i saluti e le pratiche burocratiche (pagamento, appuntamento successivo, etc.). Durante il primo incontro, solitamente lo specialista dedica il tempo di 1 ora, per poter organizzare al meglio la gestione delle sedute successive.

 

Quali sono i costi di una terapia?

I costi di una psicoterapia sono un elemento fondamentale del setting. Per avere un’idea della variabilità dei costi si può consultare il tariffario dell’Ordine Nazionale degli Psicologi.
Nella mia pratica professionale, le consulenze cliniche vengono offerte con forti agevolazioni sulle tariffe ordinarie: questo per consentire a tutti di aver accesso alle terapie necessarie, senza eccessivo aggravio dei costi. In particolari periodi dell'anno, inoltre, per scelta offro il colloquio di primo contatto in forma gratuita. Durante il primo colloquio -spazio in cui si agevola una conoscenza reciproca, si valuta il tipo di percorso da intraprendere e, soprattutto, se è possibile lavorare insieme- i costi vengono definiti sulla base delle necessità individuali. Le tariffe così concordate restano stabili per due anni, anche nel caso in cui i costi siano aumentati per i nuovi clienti. In seguito, è possibile che io richieda l’adeguamento alle nuove tariffe in vigore.

 

Ogni quanto ci si deve vedere con il terapeuta?

Solitamente, per problemi di normale o media entità, la frequenza concordabile all’inizio del percorso clinico è di 1 volta a settimana. Questo intervallo permette di avere il tempo di riflettere su quanto accaduto nella seduta precedente e nello stesso tempo di avere una continuità di lavoro che, difficilmente, si ha in altre soluzioni. Solo nei casi di acuzie della sintomatologia può rendersi necessario una frequenza d’incontro maggiore (ad es. di 2 volte a settimana). Quando si è in fase di consolidamento, è possibile diradare gli incontri ogni 15 giorni per arrivare alla fine ad alcuni, ulteriori, controlli dalla cadenza mensile.

Richiedere l’avvio di una terapia secondo cadenze molto dilazionate nel tempo (ad es. con frequenza di 1 volta al mese) è sconsigliabile per la sua infruttuosità sul versante della cura; lo specialista, dal canto suo, valuterà se tale richiesta non celi la difficoltà (o la paura) della persona di affrontare un reale cambiamento della propria vita.

 

Si può interrompere una terapia?

Nell’ambito dell’alleanza terapeutica tra specialista e richiedente, questi può decidere di interrompere il lavoro clinico quando lo desidera. Ad ogni modo è altamente consigliabile concordare una seduta di chiusura per fare il punto su quanto è accaduto in terapia e valutare come trarre tesoro da questa esperienza.

Una volta interrotto il percorso, la persona può sempre decidere di tornare in terapia in futuro, prendendo nuovi accordi con lo specialista (rispetto al giorno e all’orario di seduta che, nel frattempo, potrebbe essere stato reso disponibile per un altro paziente).

 

Come lavora uno psicoterapeuta “cognitivo”?

Nell’ambito del Cognitivismo clinico è riconducibile l’apporto professionale degli psicologi (o medici) che hanno approfondito una specializzazione secondo modelli cognitivi e/o comportamentali.

Il setting tipico di un terapeuta cognitivo (o cognitivo-comportamentale) prevede un luogo dove sia possibile agevolare un confronto aperto e reciprocamente partecipe: solitamente nel suo studio sono disposte due poltroncine, una di fronte all’altra sulle quali i due interlocutori si andranno ad accomodare, assumendo una posizione paritaria nell’ambito della loro relazione. Diversamente da altri terapeuti (es. psicoanalisti) il terapeuta cognitivista è, infatti, attivamente impegnato nella conversazione con il paziente. Durante i colloqui, inoltre, utilizza una serie di procedure e tecniche (sia cognitive che comportamentali) al fine di individuare e modificare le convinzioni disfunzionali del paziente e di favorire nuove modalità di gestione della sofferenza. Le tecniche da usare vengono scelte in base alla natura del disturbo, alla fase della terapia, agli obiettivi terapeutici e a quanto la persona è motivata a cambiare.

Tra le tecniche o le procedure più frequentemente utilizzate in psicoterapia cognitiva abbiamo, privilegiatamente, il dialogo socratico, un metodo di conduzione del colloquio che consiste in una serie mirata di domande ed osservazioni volte a guidare il paziente alla scoperta delle sue convinzioni disfunzionali e a promuovere in lui un atteggiamento critico nei confronti di queste.

 

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